Quattro inediti di Matteo Piergigli, autore de “La densità del vuoto”

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio

FB_IMG_1559227848239Matteo Piergigli (Chiaravalle, AN, 1973) vive a Monte San Vito (AN). Si è diplomato nel 1992, ha fatto quattro anni di vita militare come ufficiale dell’Esercito e dal 1999 è impiegato tecnico presso un’azienda che gestisce il S.S.I. nella provincia di Ancona. Per la poesia ha pubblicato Ritagli (Kimerik, 2015), la raccolta Notos (Aletti, 2016, in un volume contenente le opere di cinque autori), Ritagli 2 (Arduino Sacco, 2016), La densità del vuoto (Samuele, 2019). Nel 2016 e 2017 ha partecipato a due ritiri poetici della Samuele Editore e a vari Laboratori di poesia. Sue opere sono presenti nell’antologia Laboratori di poesia (Samuele, 2017) e sono apparse su vari numeri della rivista di poesia e critica letteraria Euterpe (usciti da luglio 2016 a novembre 2017). Dal 2015 ha ricevuto numerosi riconoscimenti e apprezzamenti in diversi premi letterari.

 

Quattro inediti:

 

ho sognato freddo

tra le dita toccarsi

lo sguardo appeso

per non inciampare

un passo in più

 

*

 

fuori le foglie

cadono (troppo) presto

nello sforzo di mostrare

senza riuscire il debito

si aggrava

 

*

 

rileggerò il passato

gli episodi dei se

le date a cui resistere

per non sentire il confine

incerto delle nuvole

 

*

 

fisso nei quadretti

del foglio i visi

raccontati dai giorni

con te è vivere-morire

il buio la meta 

 

La riproduzione del presente testo e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.

 

Tre poesie inedite di Rita Fulvia Fazio

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio

 

Grida

 

Gradito è a te

che sempre vai

nell’universo

di quell’altro

spirito del male.

Lo sai, il maligno

che non tradisci

ti tradirà quando

al cospetto di verità

lo subirai.

 

*

 

Demiurgica salsedine

 

Sovrasta

il respiro incessante del mare

che, dell’onda,

dilegua l’oro degli scogli

traboccanti; distesi

al sole dell’inverno.

Tu, sul molo, passeggi

l’ora lenta

alla vertigine alta:

schiumosa frange

al luccichio che lampa il cuore,

stanco, al miraggio

festoso e straniante.

D’azzurro, riafferri slanci,

pupille in gioia.

È breccia il setter,

che là, a riva,

scava tra la sabbia

al vento dell’attesa.

E tu, vai,

a quel vento perdoni;

sollievi impronte gentili

sulla battigia,

volte al passo solitario

di un destino audace.

È uno strappo, e svapora

l’orizzonte smeraldino

nell’attimo di vermiglia

compassione.

Svaniscono frammenti riarsi

dell’altrui sete di vendetta.

Giustizia richiama gloria:

specchia, di conchiglia in conchiglia,

lo sguardo;

in luce tesse merletti di silenzi

e dipinge occhi di madreperla.

È gloria di isole

sparse tra le stelle

in un cielo di salsedine.

 

*

 

Vita d’amore

 

Portami con te

nel giardino di cera

esuberante

che scalza la vita

dall’incanto slavato.

Portami al sorriso di gioia;

dei fiori, il soave profumo;

alla carezza che vela

lo sguardo magico,

anima d’incanto.

Portami tra le tue braccia

candide

migliaia e più stelle,

le più belle;

all’onda salsedine;

al passo leggero;

al volo d’azzurro più in alto,

nell’incanto del canto.

Nel sole tramonta

la sera vermiglia;

la notte serena

lieve pace alletta;

profuma d’aurora estasiata

l’aria che spira

il tuo verticale, sottile silenzio,

parola d’amore.

 

IMG-20200514-WA0005Rita Fulvia Fazio è nata a Imperia, ove risiede. Ha svolto l’impiego lavorativo nel settore pubblico e privato. Ha sempre coltivato il suo spiccato interesse per l’arte e la cultura. Nata anacoreta nell’azzurro della meditazione contemplativa, depone la traccia dell’esistenza nel seme poetico poiché, dice “è in me, con me, semplice, eterno”. Condivide, infatti, pienamente, quanto scrive Platone nel Simposio a proposito del legame tra arte e conoscenza: “Individua un qualcosa che è sempre, che né cresce, né decresce […] ma in se stesso, con se stesso, semplice, eterno.” Ispirata dai riflessi caleidoscopici delle sorprese, offerte dal gioco della vita; e dal desiderio di trascendere l’animo umano per ricongiungersi nello spirituale azzurro, il suo omaggio va alla libertà. E perciò ricorda qui le celebri parole dell’Ulisse Dantesco: “Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e conoscenza.” (Inferno, XXVI, 118). È stata inserita, con il racconto “Desiderio”, nell’antologia Raccontare IMPERIA (2017); con tre poesie nell’antologia poetica Riflessi di Ponente (2018). Ha pubblicato la raccolta poetica Metamorfosi e sublimazioni (2019) e, per la narrativa, Echi di luce (2019). Ha conseguito vari premi di poesia tra cui il Premio speciale “Ossi di seppia”, il Premio speciale “La nuova poesia”, sezione poesia religiosa (2019), il Premio speciale silloge “Formigine e il suo castello 2020”. È collaboratrice del Blog Alla volta di Lèucade.  È stata recensita con varie letture, saggi da Nazario Pardini, Rossella Cerniglia; Sandro Angelucci, Elio Caterina, Mario Santoro, Anna Castrucci, Francesca Luzzio, Ester Monachino, Enzo Concardi e Mattia Leombruno.

 

La riproduzione del presente testo e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.

Lorenzo Mele: inediti da “Casa mia non ha le ringhiere” e altre poesie

Segnalazione di Lorenzo Spurio 

 

POESIE DI LORENZO MELE

 

Hanno chiamato il mio nome,

mamma papà e io entriamo.

Siamo soli in questo branco di sedie,

il magistrato ho paura che mi porti via.

E piango sulle gambe di mia madre,

ho paura tra le braccia di mio padre,

me ne sto con la faccia mani nelle mani,

mi consolo in un pianto che non so dire.

Orfanotrofio – diceva –

L’istituto dei bimbi sperduti. 

Ma io non ero sperduto, 

avevo una madre e un padre:

due mani calde a carezzarmi la testa.

 
*

 

Un giorno ti sei presa cura di me

e non mi conoscevi nemmeno:

una chiamata nella notte, uno sbaglio

forse, che ti ha stravolto la vita.

Non sapevi l’amore di esser madre

nell’attimo in cui mi prendesti in braccio,

e io non mi sapevo figlio di qualcun altro 

 – se non tuo – proprio nell’attimo in cui,

per forza di cose, ho imparato il tuo nome. 

 

 (inediti, dalla raccolta Casa mia non ha le ringhiere)

 

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Lorenzo Mele

 

Anche il silenzio mi parla al posto tuo,

quel silenzio che ti è caduto giù dalla tasca.

Dice che ti sei persa come si perdono i folli,

tu, che folle non lo sei affatto.

Anche io come te

mi sento una gioia martoriata

che aspetta una parola sana

davanti al camino.

 

*

 
Io, nel ricordo

di una strada bucata

mano nella mano con un padre

che non è mai stato il mio.

 

Sul dito un moccolo verde

e nell’occhio un’immagine

di una bici senza freni

che mi aspetta impaziente

come un cane gioioso

pronto a farmi le feste

nel cortile di casa.

 

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Ma non abbiamo più paura,

noi figli appesi a un filo,

noi che la morte

l’abbiamo vista in faccia

e la chiamavamo Madre.

 

(da Dove non splendi, Controluna, 2019)

 

Lorenzo Mele (Burgwedel, Germania, 1997) è cresciuto a Lecce. Attualmente vive a Roma. Ha pubblicato Tu mi abbandoni (La gru, 2018) e Dove non splendi (Controluna, 2019). Suoi versi sono apparsi su Atelier, ClanDestino, Inverso e altre riviste. Dirige il blog di poesia “Il visionario”. 

 

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Alcune poesie del toscano Simone Magli – Segnalazione a cura di L. Spurio

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio  

Una mia fotoSimone Magli è nato a Pistoia nel 1984, città nella quale vive. Poeta e aforista, è anche autore di haiku. Durante la sua formazione si è sentito particolarmente attratto dalla poetica di Giuseppe Ungaretti per sentirsi legato poi alla stagione ermetica. Tra i suoi autori prediletti figura anche l’umbro Sandro Penna mentre, tra gli aforisti, riconosce una certa influenza da autori quali Stanislaw Jerzy Lec, in primis e, tra gli italiani, Flaiano, Longanesi, Caramagna, Ansaldi e Castronuovo. Ha pubblicato la silloge La solitudine di certi voli (I.S.R.Pt, 2012). Ha ottenuto vari riconoscimenti in concorsi letterari, soprattutto per la poesia, ma anche per gli aforismi. Nella rubrica Per Competenza diretta dal poeta toscano Roberto Carifi è stato più volte recensito. Note critiche sulla sua produzione sono state stilate anche dai poeti Gilberto Sacerdoti e dalla poetessa fiorentina Mariella Bettarini, fondatrice della nota rivista L’area di Broca. Da novembre 2019 collabora con il blog letterario Lib(e)ro-libro, oltre le parole.

 

A seguire una poesia estratta dalla sua raccolta poetica La solitudine di certi voli (2012) e tre inediti:

 

In questo circolo di creature impazzite

sono l’ombra di un albero ferito,

il leone che corre senza meta per la savana,

l’anima della fiera abbattuta.

Ma soprattutto l’eco del mondo

che subisce la sua perdizione.

 

*

 

Prima che scenda la sera,

dai folti prati, le lucciole

salgono al cielo,

per incidere le stelle.

 

*

 

Guardo uno spicchio di cielo

e un lampo di vita

nel mio cuore si staglia,

pizzicandomi d’immenso.

 

*

 

Che ogni cosa venga

come spunta un filo d’erba

sul campo baciato

dalla nuvola più bella.

 

 

La riproduzione del presente testo e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.

“Coppie minime” di Giulia Martini – con alcune poesie inedite

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio

 

cover MartiniGiulia Martini (Pistoia, 1993) vive a Firenze, dove si è laureata in Letteratura italiana contemporanea con una tesi su Pigre divinità e pigra sorte di Patrizia Cavalli. Attualmente è dottoranda in Filologia e Critica all’università di Siena, con un progetto di ricerca dedicato al dialogo in poesia. Per la poesia ha pubblicato Coppie minime (2018), risultata vincitore del noto Premio Ceppo nella sezione “Under 35”[1]. Per la stessa casa editrice sta curando l’antologia Poeti italiani nati negli anni ’80 e ’90 di cui il primo volume è uscito a marzo 2019 e il secondo uscirà a breve. Sue poesie sono comparse su varie riviste, tra cui Poesia, Gradiva, Paragone, Atelier, sulle riviste digitali Yawp – Giornale di letterature e filosofie, il sogno di orez, Poetarum Silva e in antologie quali Poesie italiane 2018 a cura di Matteo Marchesini (2019). Alcune sue poesie sono state tradotte in rumeno da Costel Drejoi sulla rivista Sintagme literare, in spagnolo da Gabriel Impaglione sulla rivista Isla Negra. Nel 2019 l’autrice ha preso accordi per la pubblicazione della traduzione in spagnolo con l’editore argentino “Le pecore nere”.

Ha preso parte a vari festival letterari: XVI Festival internazionale di poesia “Voci lontane, voci sorelle” nella serata Nuova Generazione? Poeti nati tra gli anni ’80 e ’90 (2018); Festival Kultazione (2018); I Festival di Poesia iper-contemporanea organizzato da Polisemie presso l’Università “La Sapienza” di Roma (2019); Festival Internazionale di Poesia Oven organizzato dal Centro di Poesia contemporanea dell’Università di Bologna (2019).

Si sono occupati della sua scrittura, tra gli altri, Roberto Corsi, Luigi Fontanella, Daniela Gori, Elio Grasso, Giulio Maffii, Franco Manzoni, Demetrio Marra, Eleonora Rimolo, Sara Vergari, Bonifacio Vincenzi, Luca Zipoli, i quotidiani nazionali Il Mattino, La Repubblica, Corriere della Sera, La Nazione, Avvenire e le riviste digitali Frequenze poetiche, Margutte, La Balena Bianca, Carteggi Letterari, Semicerchio.

Nella prefazione di Francesco Vasarri che apre Coppie minime (2018) leggiamo: “La ricerca espressiva di questo libro è piena di movimenti che dalla lingua puntano alla sua ombra, o comunque lavorano in un’intercapedine tra la cosa effettivamente detta e quella a cui, anche con residuati di surrealismo freudiano, si stava – forse con maggior precisione – pensando”.

  

Poesie tratte da Coppie minime (Interno Poesia, 2018)

 

Io rime, tu rimedi.

 

Tu vai verso quello che credi,

io verso quello che rimane.

 

*

 

La traccia del poema 

modulata su un suono 

mi sembra la tua faccia.

 

Appare la facciata 

del Duomo in piazza Duomo

come un grande problema.

 

*

 

Guido, io vorrei che tu e Lapo e io

e Kennedy e Roland e Winston C.

e la mia santa mamma che sta lì

in cucina a straguardare la tv

 

Guido io vorrei che Lapo e io e tu

e Tutankamon e Marylin Monroe

ed Edgar Allan e il giovane eroe

di quando ero bambina, Harry P.

 

e P. P. P. e Giovanni P. che sa

perché tanto di stelle arde e cade,

santo L. e supersanto Gesù C.

 

che se ne sta nell’orto degli ulivi –

ma anche lei e soprattutto lei –

io vorrei che fossimo ancora vivi.

 

*

 

Fisso un punto nel vuoto.

Chi mi darà le prove?

 

E non so più il tuo prefisso,

se tre tre tre o tre tre nove.

 

*

 

Beati gli invitati alla cena in via Dernier.

Giravi per le stanze un po’ disabbigliata

apparecchiando di pietanze calde

la tavola rotonda in legno noce

 

con un occhio alla pasta che non scuoce

e l’altro a un altro – non a me.

 

*

 

Il letto già rifatto per metà,

nella tua metà non più sfacibile.

 

Meno stoviglie da lavare, questo è certo –

poi ho sempre detestato fare i piatti.

 

Molte più rime e meno rimasugli

sugli scartafacci, sui divani.

 

Guarda che mani vergini, che faccia –

come non fosse mai stata scartata.

 

Te ne sei andata col tuo ombrello rotto,

che non lo devo neanche buttar via.

 

Che singolarità, che pulizia!

Ah che bello, non mi vedrai invecchiare.

 

*

 

Tutti quelli che silenziosi siedono

accanto a me sull’autobus, col viso

al di là di una testata, conquiso

da morte accumulata, che mi chiedono

quando pubblicherò il prossimo libro

 

cosa vorrebbero che ti dicessi,

 

se le mie parole erano già tue?

Non ero che una spina in mezzo ai nespoli

prima che tu nascessi a Bagno a Ripoli

il dieci marzo trecentodue.

 

 

Poesie inedite precedentemente apparse su Paragone

 

Vivacchio aspettando che ti accorga

che non ho chiuso il gas e sei già morta.

 

Lo chiamo amore questo gesto blando,

quando ti faccio morire in un libro.

 

Come l’eroe mitico a cui le Moire

diedero la durata di un tizzone.

 

*

 

Un’altra cosa, per esempio, è il gesto

di te che apri piano il frigorifero

come se non sapessi che c’è dentro.

 

E d’un tratto, di luce innaturale,

distenebri le pesche, le zucchine.

 

*

 

So soltanto che quelle terre

per quei confini che ti mostrai

se le contesero per anni.

 

Questo tesoro volevo darti.

 

Per un maggiore approfondimento critico sull’opera di Giulia Martini rimando ad alcuni contributi che reputo illuminanti per le loro considerazioni e che rendono merito alla sua opera poetica:

 

Brancale Michele, Poesia, una sorpresa le “Coppie minime” di Giulia Martini, «La Nazione».

Favale Elisabetta, Le Coppie minime di Giulia Martini.  Intervista, «Linkiesta».

Grasso Elio, Giulia Martini, Coppie minime, «Rebstein. La dimora del tempo sospeso».

Maffii Giulio, Le coppie di Giulia Martini, «Carteggi Letterari».

Manzoni Franco, Suono, grafia e virtuosismi, «laLettura del Corriere della Sera», p. 11.

Pezzino Laura, Dove sono le poete?, in «Senza Rossetto».

Rimolo Eleonora, Un messaggio (im)possibile?, «Atelier»

Rondoni Davide, L’estasi linguistica nelle “Coppie minime” di Giulia Martini, «ClanDestino».

 

[1] Cito dalla motivazione stilata da Andrea Sirotti: “Giulia Martini vince il Premio Ceppo Selezione Poesia under 35 con Coppie minime per la capacità e l’estro di trovare una chiave poetica per le antitesi e le contraddizioni della vita in uno schema binario tra ragioni della mente e ragioni del cuore in cui ogni parola, ogni concetto, “scivola” e determina il successivo dando vita a una sorprendente catena di associazioni foniche e concettuali auto-ingabbiandosi in uno schema al tempo stesso tradizionale e modernissimo, classico e ipertecnologico. Le forme chiuse usate, la natura endecasillabica del dettato, il ritmo regolare del canone poetico italiano, riscritto e rivissuto, non si dimostrano vincoli o ostacoli da superare ma si rivelano occasioni di apertura e respiro in cui l’esordio, in genere fattuale ed esperienziale, porta a esiti inauditi e spiazzanti grazie anche a una (apparentemente) naturale fluidità di ritmo e immagine, un’alternanza sapiente di voce, senso e silenzio”.

 

 

 

La riproduzione del presente testo, e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.

“Altri nuovi giorni d’amore” della laziale Federica Gallotta. Con tre inediti

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio

 

Federica Gallotta foto

Federica Gallotta

Federica Gallotta (Tarquinia, 1990) da tre anni vive a Viterbo, dove ha trascorso gli anni universitari. Nel 2017 ha conseguito la Laurea Magistrale in Filologia Moderna all’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo e attualmente insegna italiano in una scuola di Tarquinia. Per la poesia ha pubblicato Altri nuovi giorni d’amore (Ladolfi, Borgomanero, 2017), attualmente ha in preparazione una nuova raccolta. Il poeta Vittorino Curci parlando della Gallotta ha sottolineato la sua “spiccata personalità poetica” aggiungendo che la poetessa “scrive testi sospesi nel tempo, vocativi, essenziali, colmi di tensione, assoluti (nel senso più radicale del termine), […] indifferenti agli stilemi lessicali e compositivi maggiormente utilizzati nella poesia contemporanea […] la [sua] poesia è fortemente drammatica. È l’amore stesso […] che richiede questo particolare registro di scrittura”.

 

Da Altri nuovi giorni d’amore (2017)

 

Altri nuovi giorni d’amore

 

Scrivi il dolore

che melmoso si perde

per i molli anfratti della mente

e liquido e atro irrora i tessuti

poi sedimenta

pigro e corrosivo,

come dannata chioccia che cova

già macchiati futuri.

Lo scrivo il dolore

per chiuderlo nel libro

e strapparlo di dosso

come fastidioso scialle d’estate.

Fissato su carta lo rendo più bello,

lo plasmo gentile:

sdraiato sul letto, le armi deposte.

Ecco il dolore, il mio dolce dolore.

Mi segue muto,

non più rabbioso,

marziale

ma compagno silente

di altri nuovi giorni d’amore.

 

Tre testi inediti:

 

È un lento sollevare mattutino. Non so mai

dove – durante la notte – la moka s’è spostata

verso quale destino, di credenza o lavello

e con lei lo strofinaccio e il barattolo

del caffè. Mi dicesti che c’è: un rimedio, un metodo

per ritrovare le cose: cioè non usarle. Tutte

disporle insieme, come un sacrificio, e così

(mi avvisi ancora) ritroverei i biscotti, insonnoliti

e la mia pace all’apertura degli occhi, nell’attesa

calma dell’infusione del tè, quando ancora

intorno a me ogni cosa sonnecchia beata.

 

E mentre mi taglio un’arancia per farla spremuta

rifletto sul cavolo viola sul tavolo e chiedo

con vero stupore se l’abbia oppure no comprato io.

 

*

 

Come Campana facciamo, e l’Aleramo

quando un po’ tesi si scambiarono i pareri

e già fu tardi per tornare indietro.

 

Passami il termine, e poi non t’arrabbiare

se a sera torno a casa mia col seno

pieno di parole e un turbamento

nuovo di zecca da tenere per l’inverno.

 

*

 

Durante l’allunaggio ti sei mosso

e hai perso l’armonia del passo scelto

in precedenza. Con lentezza arcana

(la coscienza di un momento mistico)

hai detto: tu non ci andrai mai su Marte:

è freddo, tanto freddo, non respiri.

Resta qui, sulla Luna, ad aspettare

che qualcuno torni ancora, di nuovo

sulla Terra abbandonata agli alieni.

 

 

La riproduzione del presente testo, e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.

“Il tempo di una cometa” di Stella N’Djoku – con quattro inediti

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio

Stella N’Djoku (Locarno, 1993), poetessa, giornalista ed insegnante di religione, è nata da madre svizzera di origini italiane e padre svizzero-congolese. Nel 2017 si è laureata in Filosofia con la tesi What’s a man. Shakespeare filosofo tra Stanley Cavell e Harold Bloom all’Istituto di Studi Filosofici della Facoltà di Teologia di Lugano, con il prof. Roberto Diodato quale relatore.

Con l’inizio degli studi universitari all’Istituto di Studi Filosofici della Facoltà di Teologia di Lugano, ha iniziato il suo percorso giornalistico con il mensile L’Universo, inserto del Corriere del Ticino, il giornale universitario studentesco indipendente della Svizzera italiana, del quale è stata anche direttrice, vincendo il Premio Speciale del Credit Suisse for Excellent Writing nel 2015 e nel 2016. Collabora con alcune testate giornalistiche svizzere, tra queste Corriere del Ticino, ExtraSette, catt.ch e Syndicom Rivista.

Per la poesia ha pubblicato Il tempo di una cometa (2019); suoi testi sono apparsi anche sulle riviste letterarie Graphie, Atelier, Carteggi Letterari e su vari blog letterari e nell’antologia Abitare la parola – Poeti nati negli anni Novanta (2019) a cura di Eleonora Rimolo e Giovanni Ibello edita per Ladolfi Editore. Alcuni suoi componimenti sono stati tradotti in spagnolo dal Centro Cultural Tina Modotti di Caracas.

Dal 2015 organizza atelier legati al mondo della scrittura per L’Universo e per l’istituto Casa della Giovane di Lugano e dal 2016 cura la direzione artistica di alcuni eventi del LongLake Festival di Lugano (Divisione eventi e congressi) e collabora con eventi puntuali a favore dell’integrazione sociale per la Divisione socialità e sostegno della Città di Lugano. Nel 2017 ha iniziato a lavorare per la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana. Attualmente lavora anche come insegnante ed è Responsabile di progetto per la Svizzera italiana di Dialogue en Route, un progetto che si occupa di dialogo interreligioso, voluto da IRAS-COTIS, la Comunità di lavoro interreligiosa in Svizzera.

Tra i premi letterari vinti vanno segnalati il Premio “Piero Chiara” sezione Giovani (2012) con il racconto “Il Carillon” e il IX Premio “Matheton Agon” (il noto Premio indetto dall’Università di Basilea che promuove la cultura greca e che premia ogni anno il migliore e più innovativo lavoro di ricerca in questo ambito) con il racconto “Morire per amore è possibile? Due miti a confronto” (2013).

Sulla sua produzione si sono esposti, tra gli altri, Valerio Grutt, Sabatina Napolitano, Fabio Prestifilippo, Fabiano Alborghetti e Gianfranco Lauretano.

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Stella N’Djoku – Foto di Valentina Mazza

Nella prefazione a Il tempo di una cometa (Ensemble, Roma, 2019) Valerio Grutt ha osservato: “[Il libro] è una promessa, lascia emergere una volontà, quella di stare dalla parte dell’amore, della luce. È come una consacrazione al lato chiaro delle cose, dove si scrive della vita e non del suo riflesso o della sua ombra, dove si scrive nella vita e non guardandola da fuori, ma cercandone il senso nell’esperienza. […] Improvvisi lampi di gioia e inciampi, per sfidare la morte nella vita, trovare la vita nella vita, “la certezza di esistere”. […] Troviamo approdi nella luce, tenerezza, e procediamo senza bisogno di spiegazioni, ma mettendoci in ascolto del battito del mondo”. A inaugurare il percorso poetico del volume (del quale a continuazione si forniscono alcune composizioni) è una preziosa citazione, o chiosa, di Rainer Maria Rilke scelta in maniera oculata dall’autrice, posta lì, come segnale luminoso all’inizio di un percorso nelle corde dell’anima: “Eppure la parola, quando fu detta, parve al di là di ogni sapere: incomprensibile”.

 

È per sempre

l’eterna carezza

luce, grattacieli

come spighe di grano.

Oggi non basta nulla

le ali le stelle

l’agosto di fuochi

magnetici al cielo.

 

*

 

Mi avessero detto

non tornerai a casa

avrei riso – chi

riesce lontano –

ma mi ritrovo dove non rimangono

cicatrici o paura di stelle

infiammate una volta per tutte

lontano.

Non tutto finisce dove comincia.

 

*

 

Inizia ottobre il conto di anni

non esserci più

il fato le ombre sui fiumi.

 

Ma le mani a cui ti hanno sradicato e questo cuore

che pare esploso di gioia le stelle

non bastano

a chiedere il ritorno di impronte

su cui imparare a camminare.

 

Dimenticarti per aspettare il tuo ritorno

e ritrovarti

quando rientrando chiederai

perché questo dolore

è durato tanto.

 

*

 

Cosa dicono le vene

fatte ad albero sui polsi e il pulsare

che ferma il respiro?

L’eternità è il nostro nominarsi

nei secoli

come una carezza

una promessa.

*

 

La poetessa ha rivelato alla testata ticino7 la genesi della sua opera: “La raccolta che ho pubblicato è nata nel giro d’un anno e mezzo, ma racconta di esperienze che risalgono anche a 10 anni fa, alla morte di mio nonno, che ha cambiato tutto, e poi ad altri amici che mi hanno lasciata. Avevo bisogno di pacificarmi, di elaborare la mia sofferenza, di trasformarla in qualcosa di positivo, in speranza, in fiducia”[1].

Sabatina Napolitano ha sostenuto che “La poesia di Stella N’Djoku è una riflessione sul tempo, e se è vero che il nostro con il passato è un debito è anche e soprattutto vero che i nostri con il passato sono un incontro e una scoperta volti a sentire meglio, sentire di più. La consapevolezza storica ci rende più forti ma tollerare il tempo ci rende più vivi. La poesia può disinnescare il disagio a priori, cristallizza i pensieri per una dignità contagiosa o probabilmente resta la rappresentazione finale di un oggetto mentale o una sensazione[2].

 

A continuazione quattro poesie inedite:

 

Noi non saremo quei vecchi

abbracciati alla foce.

Chissà se rughe e canizie

ci coglieranno lontani

se sarai le mie mani

il ricordo, il rimpianto.

 

Chi sa se nasciamo

al momento, l’incontro…

 

*

 

Neanche la pioggia lava

il ricordo del primo baciarsi.

Vivo tra cocci

fosse espiare, ritornare

innocente.

 

*

 

Questo giorno si eleva

i cipressi austeri

l’entrata, la chiesa.

 

La morte non disturbi

la festa

né tu

nato tra case di luce

tetti marini

 

Serra le lacrime

nei palmi e concedi

addii, baci al silenzio.

 

*

 

Se Dio non ti avesse dato

la perfezione del salmista,

se non ti avesse dato

la lingua e l’occhio attento

e le mani agili e veloci nel dire l’universo,

Se non ti avesse dato la memoria

il fiuto canino per incontrare le storie

riscrivere il mondo, urlare l’amore

allora avrei voluto crearti io.

Ma so che non avrei avuto la grazia

di regalarti tutto questo

non sarebbe bastato il mio amore

a far scaturire da te

radici immense, nomi di re,

volti sospesi e lontani dal nulla.

Ti ha fatto Lui, faccia bella così

mio vulcano

mio più bello al mondo

quasi niente.

 

[1] Gino Driussi, “Il mondo di Stella N’Djoku”, ticino7, 09/12/2019,  https://www.laregione.ch/ticino7/ticino7/1407370/il-mondo-di-stella-n-djoku

[2] Recensione pubblicata su Poetarum Silva il 03/01/2020: https://poetarumsilva.com/2020/01/03/stella-ndjoku-il-tempo-di-una-cometa-rec-di-sabatina-napolitano/?fbclid=IwAR1m3pVBmb4NdCDaov_FZNcpTMIfVp5JS19A_L8QIiYxXIlCYfO1Be7MWd0

 

 

La riproduzione del presente testo, e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.

“L’istinto altrove” (Ladolfi, 2019) di Michela Zanarella – con tre inediti – a cura di Lorenzo Spurio

Segnalazione a cura di Lorenzo Spurio

Michela Zanarella (Cittadella, 1980) dal 2007 vive e lavora a Roma. Poetessa, scrittrice e giornalista, molteplici i suoi impegni nel campo della letteratura. Per la poesia ha pubblicato: Credo (2006), Risvegli (2008), Vita, infinito, paradisi (2009), Sensualità (2011), Meditazioni al femminile (2012), L’estetica dell’oltre (2013), Le identità del cielo (2013), Tragicamente rosso (2015), Le parole accanto (2017), L’esigenza del silenzio (2018 – co-autore Fabio Strinati) e L’istinto altrove (2019). Le sue opere sono state tradotte in varie lingue tra cui il rumeno: Imensele coincidenţe (2015 – traduzione di Daniel Dragomirescu) e in inglese: Meditations in the Feminine (2018 – traduzione di Leanne Hoppe); numerosi testi singoli sono stati inoltre tradotti in inglese, francese, spagnolo, portoghese, greco, arabo, turco. Le sue poesie figurano su numerose antologie italiane e straniere, volumi monografici, riviste, antologie di concorsi, blog, siti e piattaforme culturali online.

Per la prosa ha pubblicato la raccolta di racconti Convivendo con le nuvole (2009), la biografia Nuova identità (Il segreto). Linda D, biografia di una cantatrice (2015) e il breve saggio Com’erano i ragazzi di vita (2017). Figura, inoltre, tra gli otto coautori del romanzo di La ragazza di Roma Nord (2020) di Federico Moccia. Ha curato varie antologie tra cui vanno ricordate, tre le più recenti, Pier Paolo Pasolini. Il poeta civile delle borgate. A quaranta anni dalla sua morte (2016 – co-curatore Lorenzo Spurio) e Senza pietre. 11 poeti per Carlo Levi (2019).

Numerosi i riconoscimenti ottenuti nel corso degli anni tra cui il Premio Cerda “Calogero Rasa” a Palermo (2008), il Premio “Anime e Luci” di Padova (2008), il Premio “Giovanna Dalla Torre” di Roma (2011), il Premio 13 di Roma (2013), il “Creativity Prize” al Premio Internazionale Naji Naaman’s (2016), il Premio “Le Rosse Pergamene” di Roma (2018), il Premio “Officine Ensemble” di Roma (2019),…

È ambasciatrice per la cultura e rappresenta l’Italia in Libano per la Fondazione Naji Naaman e socio corrispondente dell’Accademia Cosentina, collabora con EMUI_ EuroMed University, piattaforma interuniversitaria europea, e si occupa di relazioni internazionali. È redattrice di Periodico italiano Magazine, Laici.it e della rivista di poesia e critica letteraria Euterpe e speaker di Radio Doppio Zero. Già Presidente della Rete Italiana per il Dialogo Euro-Mediterraneo (RIDE-APS), Capofila italiano della Fondazione Anna Lindh (ALF), è Presidente Onorario dell’Enciclopedia Poetica WikiPoesia.

Membro di giuria in vari concorsi letterari, da anni è Presidente di Giuria del Premio Nazionale di Poesia “L’arte in versi” di Jesi (AN) e del Premio Letterario “Città di Latina”. Presiede il concorso letterario nazionale “Le Ragunanze” indetto dall’omonima associazione romana della quale è presidente con il patrocinio dell’Ambasciata di Svezia.

Su di lei hanno scritto, tra gli altri, Dacia Maraini, Dante Maffia, Donatella Bisutti, Giuseppe Neri, Marcella Continanza, Antonino Caponnetto, Antonio Spagnuolo, Roberto Ormanni, Marco Falco Rinaudo, Cristina Biolcati, Vittorio Pavoncello, Dario Amadei, Cinzia Baldazzi, Paolo Merenda, Michele Bruccheri, Irene Sparagna, Gilbert Paraschiva, Luciano Somma, Marco Marra, Daniel Dragomirescu, Leanne Hoppe,…

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Michela Zanarella

Ho sempre seguito con attenzione e interesse il percorso poetico di Michela Zanarella a partire dal libro Sensualità. Poesie d’amore e d’amare, edito nel 2011, e per il quale scrissi una recensione nella quale osservavo: “Michela Zanarella è una sensibilissima compagna in questo vivido viaggio nel mondo amoroso, dipinto con grande attenzione mediante un’ampia aggettivazione, soprattutto quella che si riferisce ai colori. […] È un amore quanto mai realistico e vivo, per nulla romanzato, che, come nella realtà, è irrimediabilmente esposto al «dolce aggredire del tempo» e alla lontananza tra gli amanti vissuta con sofferenza: «La vita è misera come un secco ruscello d’agosto senza il tuo fiato accanto» […] La silloge descrive un affascinante universo fondato sui sensi e sulle sensazioni, tutte viste dal sensibile animo femminile della Zanarella”[1].

Spostandoci, invece, alle opere più recenti, vorrei porre l’attenzione – seppur fugacemente – su due opere in particolare: Le identità del cielo (2013) e L’esigenza del silenzio (2018). In riferimento alla prima di queste avevo scritto: “La nuova poesia di Michela Zanarella è materica, nel senso che impiega una sintassi che fa riferimento a forme di materia ed è terrigna, perché nelle divagazioni la poetessa non può che istituire rapporti tra quel che fu, l’origine e la nascita, e quel che sarà, il tutto dominato sempre da una sovrastante in-conoscibilità dei fatti. Come un vate del silenzio, Michela Zanarella fonde nel canto più alto pensieri di palingenesi e costruzioni cosmologiche rapportate nella dimensione dell’uomo qualunque, portato a vivere “un’esistenza che si ripete” […] Con questa silloge esprime la fenomenologia della polvere, per rintracciare sensi e significati in quelle nuvole alte [impresse nell’immagine della cover] che ci sovrastano e che, giorno dopo giorno, vivono con noi[2]”.

Nel 2018 per Le Mezzelane Casa Editrice di Santa Maria Nuova (AN) uscì il nuovo libro Le identità del cielo, un progetto diverso dai soliti e assai curioso a partire dalla conformazione dello stesso se si tiene conto di essere stato scritto assieme al poeta maceratese Fabio Strinati[3]. Non poesie scritte “a quattro mani”, come è facile abitudine degli ultimi anni ma poesie personali, scritte per intero da ciascun autore, inserite all’interno del medesimo volume, senza ripartizioni interne, né indicazioni esplicite su quale dei due autori del volume fosse stato a scrivere i singoli testi. Chi conosce bene la scrittura dell’autrice però (come pure, d’altra parte, quella dell’altro autore) non farà molta difficoltà ad attribuire di volta in volta la paternità (maternità, dovremmo dire, nel primo caso) dei testi. Notevole in questo caso anche la prefazione stilata dal noto poeta Dante Maffia che così si apprestava a presentare i due autori, le due esperienze, il progetto nella sua unicità: “[Gli autori] compiono un viaggio insieme e ne danno un resoconto non attendibile, fuori dalla verità comune. Perché nelle loro parole c’è la verità di un cielo che si è specchiato senza cercare la deflagrazione. La metafora per fare intendere la catena di metafore sottese in ogni pagina, il fluire limpido e a volte magmatico dei pensieri e delle emozioni, lo sforzo per poter entrare nell’invisibile e trarne ragioni ineluttabili. Non è questo del resto il compito dei poeti? Non è quello di squarciare veli e di entrare nella magia di insondabili chimere per offrire poi la dovizia di nuovi cammini?”. Ho ripreso alcune riflessioni esposte precedentemente sulle sue opere passate all’atto della loro pubblicazione e diffusione sia perché hanno ancora una loro validità sia perché consentono di studiare in maniera più particolareggiata e concreta la poetica della Nostra che, pur iscritta in un processo di continua maturazione, ben si contraddistingue – e in maniera peculiare – sin dalle sue origini per la forza e al contempo l’eleganza delle immagini, per la sontuosa elaborazione del verso, per l’alto afflato lirico che consente una vivida partecipazione da parte del lettore.

copertina Zanarella bozza (2)1Marco Marra recensendoLe parole accanto (2017) ebbe a scrivere: “La voce di una poetessa si fa tale quando scandaglia senza alcuna riserva ogni angolo dell’anima, toccandone anche gli anfratti più remoti e bui. L’introspezione proposta in questa silloge poetica è densa di coraggio, talvolta velata da un lucido piglio critico e autocritico che puntualmente l’autrice diluisce in una goccia di speranza e stempera nella sua visione di fondo positiva della vita” [4].

Arriviamo così all’ultimo libro pubblicato, L’istinto altrove (2019), per il quale sembra opportuno – data l’autorevolezza della firma – citare direttamente dalla prefazione siglata dalla scrittrice Dacia Maraini: Michela Zanarella sembra voler far sua la natura stessa del linguaggio poetico che riesce a scavare e mettere in luce le radici più profonde e nascoste dei sentimenti che ci animano, l’amore sopra tutti. E come l’amore ci porta lontani e distanti dal mondo reale per abbracciare quelle che credi essere o sono davvero le ragioni della nostra vita, così la poesia si concede la libertà di connessioni, digressioni, perdite di senso, perché qui sono le parole che si incontrano, si intrecciano in un gioco spesso senza senso apparente, non ci sono verità, ma solo, appunto, istinto e quando le parole prendono ad avere un senso compiuto è proprio allora che si allontanano di nuovo”.

A seguire una scelta di componimenti tratti da L’istinto altrove, edito per i tipi di Ladolfi di Borgomanero (NO) nel 2019:

 

Siamo liberi di sentire

Siamo liberi di sentire

con le vene e con gli occhi

come si muove in silenzio l’amore.

Ci capiterà di non fermarci

tra uno sguardo ed un respiro.

Proveremo a scavalcarci le labbra

nell’armonia perfetta di un bacio.

Ci capiterà forse di non vergognarci

se ci esplode la vita.

Non rinunceremo mai

a ripetere il senso

del nostro avvicinarci all’infinito.

 

*

 

Non si ferma la luce

Non si ferma la luce

che mi sfrega l’anima

e che va in giro per il corpo.

Resto con i palmi aperti

in attesa delle tue dita

e quando sento che mi sfiori

è come se il mondo prendesse forma.

Dentro di noi non fa silenzio il sangue.

Se puoi avvicina l’aria che respiri

alle mie labbra

e fammi strada dentro il tuo corpo

fino a parlare il verbo

delle nuvole e delle stelle.                                       

 

*

Ti verrei ad abbracciare

Ti verrei ad abbracciare

come fa il sole quando sorge

sulla terra

e ti darei le mie parole

per unirle al tuo silenzio.

L’amore che ho per te

fatto di luce e di pazienza

si moltiplica come fa la vita

quando arriva come pioggia improvvisa

a risvegliare l’erba o a riempire i pozzi.

 

A seguire tre inediti:

 

Sono le fidate espressioni degli occhi

Sono le fidate espressioni degli occhi

la posa del silenzio tra le labbra

il corsivo di un amore scritto di getto nell’anima.

Si misero al vetro tra il destino e il tempo

i corpi scesi a innamorarsi

quasi a chiedere permesso alla terra

di toccare l’infinito.

L’hanno conosciuta le guance le mani le ossa

la verità.

Nude hanno stretto la luce

nel compimento del sole.

 

*

 

E se la vita fosse

E se la vita fosse

un perpetuo scavare tra le macerie

un continuo estrarre detriti di cielo

a mani nude.

Avremmo meno paura del vento

che spinge i tronchi a tremare

e le tegole dei tetti a cadere

o tratteremo l’aria come un’anticipazione

della pioggia che turba e poi spaventa?

Continueremo a credere di poter arretrare il dolore dagli occhi

ma le ciglia sono fatte per conoscere il pianto

quel fiume che pare rischiarare il tempo

unicamente alla foce.

 

*

Di tutto il cielo sopra di noi

Di tutto il cielo sopra di noi

sappiamo ben poco

ma se stiamo fuori dal portone

col cuore taciturno nei cappotti

e lo sguardo rivolto al sole

cerchiamo di tenercelo stretto

come se fosse il primo bacio

che la luce dà alla terra.

Magari verranno albe meno fredde

e potremmo lasciare le mani fuori dalle tasche

libere di indicare le nuvole, l’amore e il bianco della neve.

 

 

La riproduzione del presente testo, e dei brani poetici riportati (dietro consenso dell’autore), sia in forma di stralcio che integrale, non è consentita in qualsiasi forma senza il consenso scritto da parte dei relativi autori.

 

 

[1] Recensione pubblicata su Blog Letteratura e Cultura il 26/05/2011, https://blogletteratura.com/2011/06/26/sensualita-poesie-damore-damare-di-michele-zanarella/

[2] Recensione pubblicata su Blog Letteratura e Cultura il 26/12/2013, https://blogletteratura.com/2013/12/26/le-identita-del-cielo-di-michela-zanarella-recensione-di-lorenzo-spurio/ ; per chi volesse leggere la mia recensione alla precedente silloge, Meditazioni al femminile (2012) rimando al testo pubblicato su Blog Letteratura e Cultura il 03/02/2012, https://blogletteratura.com/2012/03/03/meditazioni-al-femminile-di-michela-zanarella-recensione-a-cura-di-lorenzo-spurio/

[3] Fabio Strinati (San Severino Marche, 1983), poeta, scrittore e compositore, vive ad Esanatoglia (MC). Importante per la sua formazione, l’incontro con il pianista Fabrizio Ottaviucci. Ha partecipato a diverse edizioni di “Itinerari D’Ascolto”, manifestazione di musica contemporanea, come interprete e compositore. È presente in diverse riviste tra cui Il Segnale, Odissea, Euterpe, Fucine Letterarie, Il Filorosso, Diacritica, Il Foglio Volante, Versante Ripido. Numerose le sue pubblicazioni poetiche.

[4] Recensione pubblicata su Different Magazine nel 2018, https://www.differentmagazine.it/recensione-di-marco-marra-sulla-silloge-le-parole-accanto-di-michela-zanarella-recensione-di-marco-marra-sulla-silloge-le-parole-accanto-di-michela-zanarella/

“Le pagine del travaso” (e altri inediti) di Claudia Ruggeri, esce il volume a cura di Annalucia Cudazzo

Giovedì 13 dicembre 2018 alle ore 19:30 presso la Sala “Giuseppe Bertolucci” del Cineporto di Lecce (Via Vecchia Frigole) si terrà la presentazione al pubblico dell’opera “Poesie. Inferno minore. )e pagine del travaso” di Claudia Ruggeri. L’iniziativa è promossa dalla Musicaos Editore in collaborazione con il Centro di Ricerca Pens-Poesia Contemporanea e Nuove Scritture del Dipartimento degli Studi Umanistici dell’Università del Salento.  Il volume inaugura la collana “Fogli di Via”, curata da Simone Giorgino e Fabio Moliterni.

All’evento interverranno Antonio Lucio Giannone (Ordinario di Letteratura Italiana Contemporanea presso l’Università del Salento), Simone Giorgino (Coordinatore del Centro di Ricerca PENS dell’Università del Salento), Annalucia Cudazzo (curatrice del volume), Luciano Pagano (editore).

47426024_342296583019584_4113196364408553472_n.jpgIl volume è il risultato di un paziente lavoro di natura filologica volto a ripristinare i testi delle due opere licenziate in vita da Claudia Ruggeri, inferno minore e )e pagine del travaso, nel rispetto della versione riportata dai testimoni disponibili, sottoposti a un’accurata collazione e vagliati criticamente. Questa edizione si propone, inoltre, di avanzare una prima interpretazione dei componimenti, corredandoli di un commento che mira a facilitarne la comprensione.

La curatrice, la dott.ssa Annalucia Cudazzo, si è laureata in Lettere Moderne con una tesi su Claudia Ruggeri e per il suo percorso di studi ha ricevuto il titolo di «professionista accreditato» dalla Fondazione Italia-USA. È nella redazione del Centro di ricerca PENS-Poesia contemporanea E Nuove Scritture del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università del Salento.

Durante la serata le letture saranno a cura di Simone Franco. Durante l’evento si potrà avere visione delle istallazioni di Orodè Deoro.

 

L’autrice

 Claudia Ruggeri (Napoli, 1967 – Lecce, 1996) nel capoluogo salentino compì i suoi studi e si dedicò alla poesia, mettendosi subito in contatto con l’ambiente letterario e culturale del suo ambiente, dal quale si aprirà alla conoscenza e relazione con autori del panorama poetico nazionale, come Franco Fortini e Dario Bellezza. Il 27 ottobre 1996, all’età di ventinove anni, pone tragicamente fine alla sua vita. All’età di ventinove anni decise di porre fine alla sua esistenza. Tra le opere della Ruggeri (in volume, tutte postume) si ricordano “Inferno minore” (pubblicato prima su “L’Incantiere”, Laboratorio di poesia dell’università di Lecce nel 1996 e poi dall’editore peQuod, Ancona, 2007 – attualmente fuori catalogo); “Canto senza voce” (Terra d’Ulivi, Lecce, 2013); “Uovo in versi” (Terra d’Ulivi, Lecce, 2015). Alcuni studi critici sulla sua attività sono stati pubblicati su alcune riviste tra cui “Nuovi Argomenti” (V serie, n°28, 2004) e “Il Fiacre” (n°9), nel volume collettaneo “La sposa barocca. Sette saggi su Claudia Ruggeri” (LietoColle, Faloppio, 2010). Elio Scarciglia gli ha dedicato il dvd-documento “Claudia Ruggeri” (Terra d’Ulivi, Lecce, 2013).

 

Informazioni:

www.musicaos.org – info@musicaos.it

Tel. 0836.618232

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