Caro il bel tempo lontano e felice
quand’erano i capelli neri
e sono ora per pensare tutti bianchi
la gente non ama i poeti vivi
li vuole senza corpi
che parlino da vivi ma morti
e tu caustico e indispettito
annoiato come sarai in paradiso
da morto ti fai vivo
con i Diari postumi ben esposti.
Tutti ci convochi alla bella luce
come eravamo nel fatidico anno
mille novecento novanta nove
giovani e splendenti
ridendo dal secolo al colmo
ora morti o ancora per un po’ vivi
e come già morti
disamorati dal fare nuova la vita
tutti stagliati nella tua mente
sarcastica e pungente
per tanta ingenuità gentile
in attesa che ci si ritrovi insieme.
Di pensare a noi lasciati nell’aiuola
non smetti mai neppure ora
ora che ci fai questo ronzante dono
di un libro nuovo e graffiante ogni anno
non so per quanti anni
tu risorto convitato di pietra
con lo zaino leggero
per lasciare il tuo immortale segno
fedele al tuo nome
noi incolpevoli al di qua a parlare
a dire la parola morte.
Eppure i critici pensierosi
non ci pensano neppure alla beffa
all’avventura estrema e portentosa
dell’appassionato di geopolitica
di incursioni militari
e non di sei poesie inedite all’anno
per un altro Diario postumo
ma uno scosceso libro-fiume ogni anno
la sorprendente beffarda tua beffa
che molto ci rallegra
autografa sorpresa
che dall’Aldilà viene qui tra noi.
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