Quante ereavanti
al misero nostro essere spiccioli
i libri – echi di ruderi
nodi di voci
di ogni mondo possibile.
Vi entriamo abitiamo l’inchiostro
di un infinito presente
– è un bel confabulare
capace di scomporci
ricomporci
incrociate risplendenze
déjà-vu
in inscenate trascendenze
sull’asse teso
dalla parola principiante tra vero e
tinte sommerse che s’infiammano.
Disvelamenti a luce
da averne cura
creare archivi di bellezza
ché anche la polvere ch’è nata
dalla carta si intreccia al cielo.
Traccia l’eternità.
E quando li bandivano
proibivano, bruciavano
i libri – i liberi –
era solo paura
di ritrovarsi a specchio
brutti e schiacciati.
*
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