Racconto segreto – Diario 1944-1945
di PIERRE DRIEU LA ROCHELLE
Se Editore, 2005, 114 pp.
ISBN: 9788877106186
Recensione a cura di Francesca Mazzucato
Questo è il libro di uno scrittore, Pierre Drieu La Rochelle, poco letto e troppo a lungo, denigrato e dimenticato, posto ai margini perché amante delle posizioni estreme, disperato, infedele a tutto, vittima di vanità e desiderio di autodistruzione. In questo volume si trova una raccolta di tre testi che ci permettono innanzitutto di conoscerlo meglio, ed è un doveroso atto di risarcimento . Può anche essere una sorpresa per chi ama gli irregolari, tutto quello che si è mosso obliquo, seminando tracce e inchiostro nei luoghi considerati sbagliati o non appropriati. Ma non sono proprio quelli, i luoghi oscuri di ogni infedeltà e parallelamente di ogni atto temerario di coraggio, quei luoghi reali o metaforici dove si sono mossi i grandi, gli inquieti, i vagabondi dell’anima, i randagi non appartenenti a nulla?
Ci sono fondamentali tratti romanzeschi e autobiografici in questo volume, non è un caso che Drieu La Rochelle avesse affermato: “La letteratura non è che una forma edulcorata della confessione” ed è impossibile negare che quasi tutte le sue opere, racconti, romanzi e saggi, siano strettamente legate alla sua vita personale, tanto strettamente che a volte lo scrittore si struggeva domandandosi se sarebbe mai stato capace” di raccontare qualcosa di diverso dalla sua storia”.
Infedele alla vita, Drieu, a disagio, infastidito, avvilito dalla piccolezza dei mediocri, dalla vanità delle cose che lo prende alla gola e gli fa mancare l’aria, nel primo di questi testi racconta in una sorta di “trattato”, la sua vera ossessione, che mai lo abbandonò, quella per il suicidio. Un vero saggio sul suo costante anelare a togliersi la vita. Fra ingenuità giovanili, appunti quasi diaristici, racconta i vari tentativi fatti per darsi la morte, analizza superstizioni e credenze, infedele alle costrizioni che cercavano di indirizzarlo altrove, nella per lui vana o ridicola ricerca di un senso
“Dandomi la morte non credevo assolutamente di contraddire l’idea dell’immortalità che ho sempre avuto in me. Anzi, ero attratto così violentemente dal suicidio proprio perché credevo nell’immortalità. Ero convinto che ciò che chiamiamo morte fosse semplicemente la soglia al di là della quale continua la vita, o almeno qualcosa che ne è l’essenza.”
Una vera e propria organizzazione filosofica di una “teoria del suicidio” che alla luce della sua morte assume risonanze straordinariamente profonde. Continua, questo Racconto Segreto: “Nonostante le statistiche, che indicano una percentuale molto bassa di suicidi, ma che per il fatto stesso di raggrupparli li banalizzano e conferiscono loro una patina di banalità, il suicidio continua ad avere per alcuni un carattere di tale rarità da renderlo singolarmente pregiato.”
E Drieu La Rochelle, si suiciderà, dopo alcuni tentativi precedenti e falliti, il 15 marzo del 1945, alla Liberazione, imputato di collaborazionismo con il fascismo. Fu sicuramente un personaggio tragico, ma altrettanto tragica fu l’epoca in cui visse, e spesso fu avvicinato a personaggi come Celine o Brasillach che occuparono la scena della Francia e dell’Europa tra le due guerre e sotto il nazifascismo.
La Rochelle fu spirito tormentato e di idee politiche fluttuanti che scivolarono poi verso una adesione più emotiva che politica al fascismo che vedeva come un rimedio contro la disperazione e la mediocrità. Scrisse di lui Paul Renard : “Drieu scrive con il proprio sangue perché restituisce sulla carta l’uomo vivente che fu anche se fu perennemente un morto con la condizionale.”
Tutto in lui era l’estremo che nega la vita e anche la scrittura lo fu.
Il Diario è di grande interesse perché senza compiacimenti racconta i motivi, gli stimoli spesso incostanti e incoerenti del suo cuore che lo spinsero verso il collaborazionismo. Dimostra, a tratti, un notevole e raro coraggio intellettuale: “Ho sbagliato pesantemente ma ho voluto sbagliare, ho voluto correre il rischio di sbagliare perché sentivo ripugnanza nei confronti del comunismo…credevo che il fascismo, sotto la pressione della guerra, si sarebbe trasformato da semi- socialismo in vero socialismo…”
Queste idee hanno allontanato troppo a lungo dalla lettura di Drieu La Rochelle, dimenticando che le idee politiche non devono mai e poi mai diventare elemento di giudizio e di valutazione qualitativa nei confronti di un’opera letteraria altrimenti nessuno, ad esempio, avrebbe mai riconosciuto la grandezza innovativa del ritmo e del linguaggio di Celine, nascondendo il suo genio sotto i detriti del presunto antisemitismo. Stesso destino, o quasi per La Rochelle. Che forse merita una rivalutazione, una ripresa, di certo una attenta e appassionata rilettura, non necessariamente coincidente ma di sicuro in grado di mostrare punti di vista e orizzonti di un periodo storico vissuto da un’anima inquieta e tutta presa soggettivamente da quello che era un dramma globale.
La Rochelle, di cui è d’obbligo ricordare la fedeltà che forse non voleva, l’infedeltà che un po’ l’inorgogliva.
Un libro è uscito da quella dimensione autobiografica costante e reiterata che ritroviamo nei suoi scritti, un libro bello e necessario, FUOCO FATUO,( Le feu follet) , di grande spessore emotivo, da cui Luis Malle nel 1963 ha tratto un bel film con musiche di Erik Satie. Un libro che, in qualche modo, ha impedito la “compiutezza” della sua infedeltà, consegnando un’opera destinata a restare, rendendolo, per chi gli si avvicina senza pregiudizi in qualche modo immortale.
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