Sono così i labirinti, hanno vie, traverse e vicoli ciechi, e c’è chi dice che il modo più sicuro di uscirne è di continuare a camminare e girare sempre dallo stesso lato, ma questo, come siamo obbligati a sapere, è contrario alla natura umana.
L’anno della morte di Ricardo Reis, Josè Saramago
quando si sceglie una direzione
e la macchia del sole
ci accompagna nuda di raggi
appena forgiati e già vinti
dall’increspo dei nembi
non serve pronunciare
un nome che dia conforto
se è nel continuare che
si trova la ragione la
sola cagione dello sforzo
e se è un boomerang la
voce che allontaniamo
che spingiamo negli
angoli in ombra della
strada (che non è la fede
la compagnia che cerchiamo)
allora interviene il vento
a mostrarci il labirinto
dove siamo spazzando
via le foglie e la paglia
soffiando sul tarassaco
che spollina l’aria
soffoca ogni via d’uscita
e riempie il fossato
simulacro ormai d’afasia
*
non è nei giorni adolescenti
che ripensiamo ai trionfi
di bellezza lì, inermi
frastornati dagli appelli
inseguiamo l’eterno
ci chiudiamo nei silenzi
nel regno della guerra
e dei confini stiamo
come tigri senza artigli
come martiri bambini
e si forma nella mente
un labirinto che dirotta
l’esperienza nei sepolcri
del paese ti sommergono
le stelle nelle storie
nelle vene nei rintocchi
di campane e aderisce
il nostro muschio al disegno
che s’affaccia sul foglio
misurato dell’amore
mentre un pensiero
osceno e struggente trepida
nelle mani si fa motore
d’aurora nella nudità
di una perfetta giovinezza
*
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