N.E. 02/2024 – “Dall’oblio dell’essere al naufragio nell’essere”, articolo di Guglielmo Peralta

Secondo Heidegger, il pensiero metafisico da Platone in poi avrebbe determinato l’oblio dell’essere.  Ritengo, tuttavia, che Nietzsche con la dottrina del nichilismo lo abbia ancora di più condannato alla sparizione. Dopo Nietzsche, è venuto meno quell’aspetto positivo del «nichilismo attivo»: la pars costruens della sua concezione filosofica, secondo la quale al senso del vuoto, generato dal crollo delle illusioni, e alla disperazione «passiva», sarebbe subentrata la presa di coscienza del nulla come perdita di tutte le certezze, la quale avrebbe dovuto condurre a riscoprire le potenzialità della natura umana e a migliorare l’uomo elevandolo all’essere superiore annunciato, all’Übermensch, creatore di valori “al di là del bene e del male”, dotato di «volontà di potenza», capace di  pronunciare il suo ‘diktat’, di dire  «sì» alla vita.

In questo nostro tempo di profonda crisi spirituale, morale, sociale, in cui il mondo sembra avviarsi alla deriva, con la sua umanità al tramonto, minacciata dalla fantatecnologia con la creazione dell’umanoide, del ‘superuomo’ tecnologico, urge la domanda sull’essere, su come salvarlo dall’oblio. Come fare ce lo ha suggerito Leopardi negli ultimi due versi dell’Infinito, dove l’essere è il mare dell’immensità in cui “naufragare” dolcemente. Questo ‘naufragio’ è l’approdo all’essere ed è la sua rivelazione mediante la poesia, quella vera autentica, la quale ha questo potere epifanico, illuminante. Per questo Ungaretti poté dire: “M’illumino d’immenso” condensando, riassumendo in quest’unico verso i due versi del Recanatese sintetizzandone il senso. Illuminarsi d’immenso, infatti, significa immergersi nella luce dell’essere, approdarvi, rivelarlo. Questo ‘svelamento’ ad opera della Poesia è possibile perché la Poesia, come asserisce ancora Heidegger, è la dimora dell’essere e, in quanto tale, la sua natura è ontologica. La poesia ontologica, o l’ontologia poetica, allora, deve prendere il posto della metafisica. Perché essa è la sola in grado di “manifestare” l’essere, di salvarlo dal naufragio nell’oblio. Ed è l’utopia necessaria per contrastare la realtà distopica e l’intelligenza artificiale con la quale la natura umana è ‘trasvalutata’ e sostituita dalla ‘natura’ artificiale, annunciante la morte dell’uomo, il quale può ‘risorgere’ se si lascia illuminare dall’immenso, se intraprende il cammino verso l’illuminazione.  La scrittura, il processo creativo è questo cammino, è obbedire (obaudire), dare ascolto alla voce interiore, al carpe lucem: l’imperativo, l’invito a cogliere l’essere, ad approdare nella sua luce salvifica. 


Questo testo viene pubblicato nella sezione “Rivista Nuova Euterpe” del sito “Blog Letteratura e Cultura” perché selezionato dalla Redazione della Rivista “Nuova Euterpe”, n°02/2024. L’autore ha autorizzato alla pubblicazione senza nulla avere a pretendere all’atto della pubblicazione né in futuro.

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