E’ apparso oggi un mio articolo sul fenomeno della micro-editoria in Italia pubblicato sulla Rivista Contaminata “Diwali” del quale riporto la parte introduttiva:
Ricevo con vivo piacere l’invito a poter intervenire qui, su questo spazio, in merito all’universo sterminato riguardante le attività della micro-editoria nella nostra realtà quotidiana, sul quale molto ci sarebbe da dire per affrontare questioni anche molto differenti e distanti tra di loro ma che debbono essere tenute da conto quando ci si approssima a considerare la micro-editoria come fenomeno in sé stesso. Direi che è necessario partire da quella che può sembrare una semplificazione ma che può servire a chiarire alcune cose. In Italia (mi limiterò a parlare del nostro Paese che è ciò che più ci interessa, anche perché non dispongo di conoscenze altrettanto specifiche in merito ad altri stati europei o extra-europei) l’editoria è in mano a tre fasce diversificate di editori: 1) i grandi editori, quelli che si contraddistinguono con dei veri e propri marchi e che sono di dominio pubblico (per intenderci ciascuno di noi avrà a casa propria almeno un testo pubblicato da queste grandi catene editoriali, senza dover far nomi che contribuirebbero ad ulteriore promozione che qui non intendo fare), 2) i marchi medi ovverosia quelle compagini editoriali che, pur avendo alle spalle una attività editoriale seria e duratura, documentata e stimata ed organizzati in varie collane a garantire la possibilità variegata delle espressioni, non hanno ancora (e forse non ce l’avranno mai) la potenza e l’impronta inscalfibile dei primi e nemmanco possono dirsi privi di peso sul panorama culturale; 3) la micro-editoria: si tratta, e lo si vedrà meglio nel corso di questo intervento, di quella realtà dilagante, propulsivamente diffusa con una crescita che potremmo definire algoritmica, quasi inarrestabile che contempla al suo interno la massa multiforme e difficilmente mappabile delle attività editoriali svolte in piccolo (come il nome indica) cioè nate, ad esempio, da centri di cultura, associazioni, onlus, e tutte quelle compagini associative che non nascono primariamente con lo scopo di fare editoria (cioè pubblicare libri) ma che lo possono fare perché previsto dai rispettivi statuti. Non solo:…
Questi interventi dovrebbero essere messi in chiara luce,per far vedere al pubblico tutte le possibilità editoriali. Purtroppo il nostro campo è molto difficile da comprendere e ci si perde spesso in altre intenzioni più leggere.
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Grazie Patrizia. In effetti l’argomento è sterminato e ci sarebbero tante altre cose da dire, ma mi fa piacere che tu ed altri l’abbiate letto e apprezzato! Ciao
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L’ha ribloggato su Emanuele-Marcuccio's Bloge ha commentato:
Interessante articolo sulla micro-editoria italiana, a cura di Lorenzo Spurio. Sì, le piccole case editrici possono essere una preziosa risorsa letteraria, se si parte dai giusti presupposti. Buona lettura!
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