Canto d’amore (6/12/1999)
poesia di EMANUELE MARCUCCIO
tratta dalla silloge Per una strada, Sbc Edizioni, 2009
Leggerezza, delicatezza
soffusa e serena:
un fiore, che leggiadro
al primo suo fiorire,
espande per l’aria
gli odorosi suoi sospiri,
e irrora dolcemente,
e irradia di luce
l’aria della notte:
un’arpa ascolto,
lontano il suo suono
si perde;
sospirosi ardori,
sospirato amore,
ti chiamo
e nella notte mi perdo.
CANTO D’AMORE
Commento di Luciano Domenighini
Sono sedici versi che alternano la terza persona (espande, irrora, irradia, si perde), descrittiva dell’oggetto amato con tre splendidi versi (10, 15, 16) in prima persona: un quinario (“un’arpa ascolto”) e un ottonario (“e nella notte mi perdo”) sospesi e vaghi, a siglare un clima incantato e infine uno scolpito ternario (“ti chiamo”), perentorio, esclamativo, che fa da perno a tutta la composizione. Da notare anche la corrispondenza iterativa dei versi 11 e 12 (“lontano il suono / si perde”) con l’ultimo verso (“e nella notte mi perdo”).
La breve lirica è un polisindeto di giusta lunghezza, con la cadenza , il respiro esatto, che ha l’unica pausa, e riprende fiato, sul bellissimo “un’arpa ascolto” che è un pentasillabo morbido, rotondo, appena inciampato sulla sinalèfe di “arpa-ascolto” (ma è difetto veniale e qualcuno potrebbe anche definirlo un pregio). L’effetto “morendo”, “perdendosi”, pur nell’intensità dell’emozione, è reso benissimo.
Nota dell’autore: “Ispiratami dall’ascolto del Quintetto n. 1 op. 89, di G. Fauré.
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Grazie ancora Lorenzo :)
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grazie a te Emanuele!
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