Le strane abitudini del caso di Giuseppe Pompameo
Scrittura & Scritture, Napoli, 2011, pp. 86
ISBN: 9788889682388
Prezzo: 8,00 Euro
Recensione a cura di Lorenzo Spurio
E’ indescrivibile la potenza di questo libro di appena ottanta pagine nel far sognare il lettore, accompagnandolo a braccetto in storie suggestive, completamente originali, che si situano a metà tra realtà e fantasia. Se per ‘fantastico’ intendiamo streghe con poteri sovrannaturali, gesta eroiche tecnicamente impossibili, o viaggi nel tempo allora è doveroso dire che non c’è niente di tutto ciò in questa silloge di racconti. L’interesse dell’autore è, infatti, tutta rivolta ad indagare dove termina il sogno, la proiezione delle idee, e dove inizia invece la realtà. Si tratta di un’indagine non di poco conto in cui i vari protagonisti delle storie finiscono per mescolare i due mondi, ribaltarli o per farli contaminare di continuo. E’ ciò che succede a Francesco, detenuto in un carcere dell’isola d’Elba, innamorato della bella Adelina che, però, al momento della sua uscita dal carcere, non trova più e non trova più nessuna traccia di lei, quasi che al lettore venga da pensare che l’intenzione del narratore sia in realtà quella di depistarlo. Ci chiediamo, così, Adelina esiste? E’ mai esistita? Oppure è solo un pensiero ossessivo di Francesco, una sorta di frustrazione del pensiero che si è radicata tanto da non consentirgli di vedere la realtà? L’autore non dà risposte. Ma l’esempio più eclatante e interessante di amore platonico è forse quello contenuto in “Eravamo sogni” in cui lo stesso titolo rinvia a una dimensione onirica e surreale. Ma la realtà e la fantasia, sembra suggerire l’autore, non possono convivere. Dove finisce l’una, inizia l’altra e viceversa. Ludovico P. e Sara G., protagonisti di questo racconto, affiatati e ricambiati amanti della rete, non finiscono neppure per riconoscersi nel loro primo incontro reale. L’idea dell’amore e l’amore in sé sono due cose diverse. L’idea, qualcosa di immateriale, un concetto, è una nostra produzione, personale, mentale, mentre la realtà si caratterizza per la sua oggettività e per la sua fruibilità a tutti.
Particolarmente avvincente è anche l’illusionista Alfonso Ruiz nel racconto “Le cose che restano”. L’illusionismo, la magia, la fascinazione, la sorpresa e la meraviglia, sono campi dell’ignoto e interessano il nostro inconscio. La madre di Alina, quest’ultima innamorata di Alfonso, la metterà subito in guardia: «[Gli illusionisti] per farti sognare te li rubano,i sogni, e dopo, te li vendono col trucco, senza mai svelarti il segreto» (66-67). Non c’è dunque da fidarsi della nostra componente fantastica, immaginativa, irrazionale perché essa mina quella razionale con inganni, enigmi, segreti e trucchi che la ragione stessa non riesce a spiegare.
In “L’aria del pomeriggio”, un racconto brevissimo che condivide con gli altri lo stile spigliato e il linguaggio condensato, ma in certi tratti quasi elettrico, Pompameo ci mette dinanzi a un’interessante storia costruita sul doppio, sull’alter ego, su quello che è e quello che non è, utilizzando una diffusa credenza popolare sull’esistenza del sosia di ciascuno di noi. Ma è molto probabilmente il primo racconto della silloge, “La città incantata”, il più lungo a rappresentare al meglio le tematiche care all’autore. Leggendolo, vorremmo che non finisse mai e che si prolungasse all’infinito per meglio comprendere le motivazioni di quell’attesa di tutta la cittadinanza di Napoli in un giorno di festa. L’atmosfera è assopita e in uno stato quasi di sonnambulismo; il singolare caldo afoso del dicembre del 1977 rende tutti un po’ più deboli, strani, inspiegabili. In quella giornata si intrecciano due storie, quella dell’attesa della cittadinanza di un cambiamento, di un qualcosa che accada e quello di Antonio Coppa, venditore ambulante di ombrelli, un personaggio quasi pirandelliano e dalla componente visionaria particolarmente sviluppata. Quel giorno, il 7 dicembre 1977, dopo 7 anni rincontrerà la sua amata, ma ben presto il lettore si rende conto che c’è qualcosa che non convince; la “lei” non esiste, è un fantasma, è una sorta di ombra che proviene dal ricordo e che si è pietrificata nel cervello del personaggio. La città partenopea, con il suo Golfo, il suo Lungomare e una serie di altri riferimenti fa da scenario all’intera vicenda dove sempre si sottolineano due cose: l’attesa (che è sinonimo di felicità e preferibile al momento, all’evento in sé) e le alte temperature che rendono tutti scontenti e sofferenti. Il lettore, come gli stessi personaggi della storia, resta fermo nella convinzione che «qualcosa doveva succedere» (23) ma non ci capacitiamo mai cos’è quel qualcosa.
Pompameo è attento al mondo enigmatico della temporalità: da per tutto nel corso della silloge ci sono riferimenti a minuti, ore, giorni, mesi e anni, quasi a voler evidenziare il comportamento umano sempre pronto a ricondurre tutto a schemi, strutture, a misure quantitative. Ma, come ha insegnato Bergson e poi la teoria della relatività, il tempo non può esser relegato alla componente razionale dell’umano perché, in fondo, ha in se stesso qualcosa di ambiguo e di indecifrabile. E’ per questo che l’autore impiega espressioni linguistiche che sottolineano discordanze temporali, anacronismi o semplicemente distorsioni, rallentamenti o accelerazioni come quando dice: «per ogni minuto che mancava, pareva che fosse già troppo tardi» (14). Questa particolare indagine del tema del tempo si allarga però anche al tempo fisico, quello meteorologico, con riferimento a presagi, previsioni etc. In “La città incantata” però, dopo varie settimane di canicola nel mese invernale (altro anacronismo), tutti attendono l’arrivo della pioggia o, almeno di un vento rinfrescante, ma quando nel Golfo, in lontananza si vede passare una nave che solca un mare in tormenta, tutti si augurano che ritorni il bel tempo. C’è qui un riferimento, voluto o no, non saprei dire, alla famosa Ballata del vecchio marinaio di T.S. Coleridge dove l’irragionevole uccisione di un albatros da parte del marinaio porta a un improvviso cambio climatico e poi alla morte di tutta la ciurma, tranne il marinaio.
Pompameo si esprime alla perfezione con il racconto breve, fondendo un linguaggio semplice ed accessibile a tutti con divagazioni e pensieri che potrebbero ad una prima analisi sembrare quelli di un bambino, ma che, in fondo, celano tematiche più complesse. Lodevole è il modo in cui l’autore è in grado di accompagnarci nel mondo del sogno per poi negarci che quello era un sogno o, al contrario, di offrirci una storia completamente realistica per poi renderci conto che non è altro che una frustrazione o un’ossessione mentale del protagonista. In tutto questo è l’anomalia, la stranezza, l’enigma e l’ambiguità a fare da protagonista come richiama lo stesso titolo della silloge e, ovviamente, è il Tempo a regnare indiscusso su tutte le storie. S. Agostino scriveva: «Chi oserebbe dirmi che non son tre i tempi, come abbiam imparato da piccoli e insegnato ai piccoli, passato, presente e futuro, ma uno solo, il presente, dal momento che gli altri due non esistono?». Pompameo, con la sua scrittura, ci fa riflettere su questa considerazione del grande mistico, districandosi tra due temi fondanti: il ricordo (il passato) e l’attesa (vigilia del futuro). Congratulazioni per questo gioiello.
GIUSEPPE POMPAMEO vive a Napoli dove svolge attività di editor e di consulente editoriale. Scrive per il teatro e insegna scrittura creativa. Suoi testi saggistici e narrativi sono apparsi sulle riviste letterarie “Quarto Potere” e “L’isola”. Collabora, altresì, con la Fondazione Premio Napoli. Nel 2010 la sua raccolta di racconti Il rumore bianco dell’inverno è stata segnalata dal Comitato di Lettura della XXIII edizione del Premio Letterario “Italo Calvino”.
7 Ottobre 2011
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Mi è colpito molto questo libro, per questo ho bisogno di chiedere all’autore come lui abbia inventato i nomi e i cognomi in questi racconti, a me piace scrivere ed è per questo che voglio scrivere un libro magari su un amore impossibile, ed ho bisogno di consigli.
-Grazie mille! :)
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Ciao Valentina,
non sono io l’autore che gestisco il blog.
Prova a cercarlo su Internet, se riesci o contatta la casa editrice con la quale ha pubblicato per chiederlo
Ciao
LS
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Va bene grazie mille (:
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