Domani andrò dal signor Martino Lelii, Mart’nuccio il tabaccaio, a comprarmi un quaderno e una matita: proverò a dare forma scritta ai miei sentimenti! Ne ho già accumulata una buona raccolta in questa terra sconosciuta e gentile, dove le donne hanno voci di flauto! (27)
Con questo libro Anna Maria Boselli Santoni ha di certo cercato di cristallizzare degli attimi del suo passato personale per renderli eterni. Molti scrittori, più o meno noti, hanno utilizzato la scrittura, cioè la letteratura, come mezzo terapeutico in presenza di stati patologici o di una dolorosa nostalgia dei tempi andati. Tracciare il proprio vissuto sulla carta significa in un certo senso volerlo ripercorrere tante volte quanto si desidera, riattualizzarlo sempre. Così non è un ricordo che si sfuma con il passare dei mesi o degli anni, è una realtà consolidata, un dato di fatto, nel quale ci si può sempre immergersi a fondo. E’ questa –credo di non sbagliare- l’intenzione di Anna Maria Boselli che con questa raffinata scrittura ci apre le porte della sua vita privata: dalla partenza dalla Lombardia con la madre per andare a Nereto per conoscere i futuri consuoceri fino al ritorno a Leno, nella sua città di origine, carica di ogni bene alimentare abruzzese e, soprattutto, di felici sensazioni che rimarranno per sempre con lei.
E in questo lungo viaggio dalla Lombardia a Nereto, in una città della provincia abruzzese, la protagonista respira e vive sulla sua pelle odori e colori mai vissuti prima tanto da portarla a dire: “Sento forte il richiamo della natura, in qualunque ambiente essa si espanda” (15). L’arrivo a Nereto a metà degli anni ’60 è una sorta di ritorno alle origini; lì, infatti, lo scenario che si presenta ai suoi occhi è leggermente regredito da un punto di vista industriale rispetto al nord dal quale ella proviene (questo non viene detto ma al lettore attento è facile individuarlo): “Avverto subito una notevole diversità rispetto al mio ambiente” (19), scrive. E di questo ambiente nuovo, profumato, naturale subito si innamorerà di tutto: “Subito resto affascinata da questo luogo e sento che, alla fine, mi apparterrà come un sogno, per sempre” (16).
Il libro è dedicato a Mammarosa, la suocera conosciuta durante il primo viaggio a Nereto, donna buona e dal dialetto molto marcato. La prima impressione che la protagonista ha di leio è questa: “Una donna picculitta coi capelli brizzolati raccolti in trecce fissate all’insù, una gonna al polpaccio, nera, una sobria camicia di seta color piombo e una parnanza di shantung con le tasche basse e vuote” (18).
Affascinante questo diario di viaggio fatto di incontri, amicizie nate velocemente, sorrisi e momenti di nostalgia, questo appassionato memoriale di Anna Maria Boselli Santoni dove si coniuga la nascita della storia d’amore con il suo Martino al tema del viaggio e alla conoscenza di terre, usi e costumi, modi di fare, cibi e dialetti diversi che risaltano in maniera variopinta da ciascuna pagina del romanzo. E’ un elogio alla semplicità, alla generosità e al grande carattere del popolo abruzzese. Nel viaggio di ritorno verso casa c’è tempo per una pausa a Loreto dove la protagonista viene letteralmente rapita dal misticismo mariano del posto. La Nereto che Anna Maria ha e porta nel cuore non è di certo quella di oggi, ma quella di vari anni fa che la folgorò soprattutto per la grande accoglienza dei parenti di suo futuro marito. Questo libro è anche un curioso documento storico di quell’età ormai perduta in cui la vita di campagna e l’unione familiare, unite all’insegnamento di Cristo, rappresentavano i pilastri fondanti del vivere comune.
Jesi, 22-01-2013
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