Diana Iaconetti eccelsa interprete dei versi leopardiani

 

Serata di altissima intensità emotiva quella svoltasi ieri, sabato 23 luglio, al Colle dell’Infinito a Recanati presso l’Orto di Santo Stefano per lo spettacolo recitativo “Il poeta del ‘dolce’ infinito” per la regia di Diana Iaconetti. L’evento, organizzato dal Centro Nazionale Studi Leopardiani e dal Centro Mondiale della Poesia e della Cultura è stato il secondo appuntamento del ricco programma estivo dei “Notturni leopardiani” che ha avuto la collaborazione delle Associazioni Culturali Euterpe di Jesi e Armonica-mente di Fermo.

La serata è stata presentata da Tiziana Bonifazi che in maniera leggiadra ed attenta ha introdotto l’attrice calabrese naturalizzata romana, molto impegnata in spettacoli e recital di impronta civile e la poetessa Nuccia Martire della quale la Iaconetti ha dato lettura e magnifica interpretazione della “Lettera a Leopardi”. Un testo che la Martire ha scritto l’anno scorso passeggiando per le vie di Recanati, fortemente suggestionata dall’ambiente, in un colloquio intimo e appassionato con il grande Poeta. Una lunga epistola dai toni classici con rimandi continui all’ampia opera –non solo poetica- del Recanatese a descrivere una pièce di grande impatto, una sorta di saggio sociologico, un brano dai toni elevati e dai richiami piacevolmente resi a un mondo di provincia dove il Recanatese diede sfogo al suo genio: il canto dell’ambiente, il patto con il silenzio, la riflessione sulla morte.

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Diana Iaconetti

Magistrale l’interpretazione del celebre canto poetico “L’infinito” che ha seguito la recitazione di brani immortali della nostra letteratura, dalla struggente “A Silvia” a testi delle “Opere morali” tra cui l’interrogatorio “Che fai tu, luna, in ciel?” che apre il “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” al “Dialogo della Moda e della Morte”. I brani recitati con rigore e tenerezza, con ardore comunicativo e pregnanza verbale hanno raggiunto gli astanti coinvolgendoli emotivamente. 

La voce narrante Luca Pennacchioni ha invece interpretato con indiscutibile abilità oratoria ed espressiva i “Pensieri ludici”, testi scritti da Nuccia Martire intervallandosi con la recitazione della Iaconetti.

Lunghi ed entusiastici applausi sono stati rivolti agli attori mentre sotto un cielo calmo, lambiti dalla vite tentacolare, si è respirata poesia. Con il refrigerio di questa aria speziata d’amore per la conoscenza e di fascino per il bello, incantati si è ritornati nelle proprie dimore più arricchiti di un sentimento panico e al tempo sociale verso l’ambiente.

Presenti tra il pubblico Fabio Corvatta (Presidente del Centro Nazionale Studi Leopardiani), Luciano Scala (Presidente del Centro Mondiale della poesia), Antonio Bravi (Vice-sindaco di Recanti), Lorenzo Spurio (Presidente Ass. Euterpe di Jesi) e Nunzia Luciani (Presidente Ass. Armonica-mente di Fermo).

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Da sx: la presentatrice Tiziana Bonifazi, la poetessa Nuccia Martire e i recitatori leopardiani Diana Iaconetti e Luca Pennacchioni

Dai carmi più intimi e cupi, segno di una sensibilità di un’epoca tramontata, che caratterizzano il Leopardi Romantico la Iaconetti ha interpretato il tormentoso ma lucido “Giardino della sofferenza” tratto dallo “Zibaldone”, serrata riflessione a tratti sincopata sulla società affossata da uno stato di mancanza e sfiducia percepita in un desolato giardino, dove l’albero è infestato e gli arbusti son minacciati dagli insetti o dal clima inclemente. La Iaconetti –con le sua verve recitativa- non solo ha fatto rivivere il Leopardi, raccontandocelo in tante fasi che ha attraversato, ma si è fusa con l’ambiente, con quei colli leggiadramente degradanti della campagna marchigiana, animando gli astanti a una concreta partecipazione non solo all’ascolto attento e ordinato, ma anche alla sperimentazione dei pensieri innervati sulla solitudine, sull’amore dolente, sulla tortuosità nefasta della morte.

Tutto ciò mentre la vite abbracciava il palco e gli imperturbabili ascoltatori viaggiavano in un tempo sospeso dove anche la notte veniva rischiarata dalla potenza della parola e dall’espressività degli immortali versi.

Lorenzo Spurio

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