Intervento critico di Cinzia Baldazzi
Il 6 aprile scorso a Roma, nei locali di Lettere Caffè a Trastevere, ha avuto luogo la presentazione di Una vita in versi (LB Edizioni, 2018), omaggio del mondo intellettuale ad Anna Santoliquido. Il volume, curato da Francesca Amendola, contiene saggi critici, interventi, testimonianze, poesie dedicate, racconti, disegni, fotografie.
Dopo la proiezione del cortometraggio Ritratto di autrice di Letizia Lamartire, Anna è stata intervistata da Andrea Lepone, ha dialogato con la drammaturga Vincenza Renata Li Gioi, ha ascoltato una sintesi di poetica di Rosanna Sabatini e partecipato a un mini-dibattito sulla condizione della donna coordinato dal giornalista Fabrizio Federici con Salameh Ashour, Badia Rami, Umberto Puato, Michele Lofoco. Le poesie di Anna sono state declamate dagli attori Mario Focardi e Carmela La Rocca. Intermezzi musicali con Manuela Ciccotti, Mario Sista e Roberta Murzilli.
Qui di seguito riportiamo l’intervento critico di Cinzia Baldazzi.
Ho rivisto
dopo anni
la casa di pietra
avvolta dal sole
e dalla quiete.
Il tempo
nel silenzio
ha scolpito
la sua storia
sulla facciata esterna
per offrirla in dono
agli occhi curiosi
dei forestieri dell’estate.
Anche il vecchio platano
continua a dipingere
il suo quadro
con l’ombra fresca
che da lunghi anni
regala
alle pietre arroventate
e ai resti
di una porta
ormai consunta.
Il sedile
è ancora lì
testimone
nella sua dignità
di pietra.
Non c’è più colei
che dal volto bruno
e dai capelli bianchi
scrutava il cielo
a modo di preghiera…
Tutto aveva un sapore
di storia vissuta,
di rimpianto.
Ho rivisto la vita
in un ciuffo d’erba
cresciuto per miracolo
in una crepa.
Ho parlato con le pietre
della bellezza
della vita
e dell’amore.
La poesia di Anna Santoliquido appena letta, intitolata La casa di pietra, è compresa nella raccolta I figli della terra pubblicata nel 1981. La sua poetica generale mi ricorda in qualche modo una tematica che a Wolfgang Goethe piaceva sottolineare: “Chi desidera capire la poesia deve recarsi nella terra della poesia, chi desidera capire il poeta deve andare nella terra del poeta”.
In una simile classe di riferimenti credo sia giusto inserire il quid creativo della nostra Anna – come sappiamo, poetessa, saggista, narratrice, traduttrice – della quale il volume Una vita in versi costituisce un segno di ossequio articolato e prezioso a lei riservato dal mondo intellettuale, anche internazionale. La sintesi narrativa-illustrativa del libro è raffinata, ricca delle tracce significative di un’esistenza alimentata dalla greca ποίησις-poíesis, nell’intimo di una “poetica” mutata in vita essa stessa (secondo i termini introdotti dal professor Walter Binni).
Lo scorso mese di novembre mi trovavo a Jesi, alla cerimonia di premiazione del concorso “L’arte in versi” organizzato dall’Associazione Culturale “Euterpe”. Una sorte favorevole, direi una τύχη, ha sortito il nostro incontro: in quell’occasione, infatti, Anna ha ricevuto il prestigioso Riconoscimento alla Carriera. La circostanza – in senso semiotico – per conoscersi meglio e comunicare era pertanto ottimale, anche quando, sedute accanto durante la cena, abbiamo sfogliato insieme l’antologia.
Il giudizio estetico trasmesso dalla sua figura globale è apparso subito chiaro: nutrire una visione esaustiva del successo dell’atto semico nell’affrontare l’evocazione di un τόπος-tòpos letterario.
La Santoliquido è stata infatti, sin dagli inizi, ben cosciente di quanto il ricevente, per comprendere quanto gli viene proposto, debba poter interpretarne, nei vari segni, i segnali lanciati, assieme alle relative circostanze.
In uno scambio dialettico maturo di indicatori e messaggi si sviluppa, ad esempio, la poesia Ritorni, pubblicata in Serbia nel 2007 e sviluppata in due coppie di quartine:
chissà come sarò
tra cent’anni
se le gote saranno
muschio o terra
non sentirò il trapasso
mi rapirà la luce
le labbra non emetteranno rantoli
ma versi
vorrei accanto i ragazzi
il mulo nella stalla
i pulcini sotto il letto
le viole nel bicchiere
ritornerò nei sogni
nei desideri delle madri
nella passione degli amanti
nelle nubi del mattino

Uno scatto durante la presentazione del volume a Roma il 6 Aprile 2019.
Nel microcosmo di questi componimenti, il posto principale per coglierne il significato spetta al destinatario. Che l’ultima parola sul senso di una frase spetti a chi la legge o a chi la ascolta, è una tesi ormai accettata da gran parte della linguistica moderna. Fra i tanti, lo ha spiegato il semiologo Jorge Luis Prieto, uno dei miei maestri: la comprensione di noi interlocutori sarà “buona” o “cattiva”, vale a dire, potremo aver compreso o meno una poetica del genere.
Ebbene, l’atteggiamento poetico di Anna di fronte a un simile stato di cose prevede innanzitutto di fissare l’obiettivo del processo concepito per divulgare i versi, rivelandosi in grado (secondo una Weltanschauung personalissima) di stabilirne lo scopo.
E lo strumento per raggiungere un tale obiettivo, pur nella sua radice dialettica, consiste nel proiettare un insieme referenziale assai ampio, capace di accogliere una vasta gamma di opinioni o interpretazioni.
Ad esempio, nelle strofe de La casa di pietra, ascoltate in apertura, suppongo si possa, da stranieri, in una calda estate, cercare un riparo in versi dalla calura dell’afa: l’autrice intende sgombrare lo sguardo dalle nebbie – ovvero dalle possibili interpretazioni devianti del testo – auspicando di andare al di là di ricordi ininfluenti, illusori.
Introduco ora alcuni versi celebri di Emily Dickinson, scritti nel 1873. Sono contenuti all’interno di una lettera, e originariamente pubblicati in una raccolta epistolare. Chiedo ad Anna di leggerli lei stessa, perché introducono un altro aspetto della sua poetica:
There is no Frigate like a Book
To take us Lands away
Nor any Coursers like a Page
Of prancing Poetry
This Traverse may the poorest take
Without oppress of Toll
How frugal is the Chariot
That bears the Human Soul.
Non c’è Vascello che eguagli un Libro
Per portarci in Terre lontane
Né Corsieri che eguaglino una Pagina
Di scalpitante Poesia
È un Viaggio che anche il più povero può fare
Senza paura di Pedaggio
Tanto frugale è il Carro
Che porta l’Anima dell’Uomo
A lungo ha viaggiato la Santoliquido, quanto i suoi libri, tradotti in oltre venti lingue, conducendo un impegno operativo di storiografia letteraria o di letteratura storica orientato verso una natura e una società progressive.
E tuttavia, secondo quanto ripeteva il maestro della poetica-critica Walter Binni, non è opportuno valutare i poeti «come un dopo almeno ideale rispetto a strutture e tendenze di loro non bisognose», poiché la loro forza esegetica risulta originale «e di sollecitazione di moti spesso oscuri e fermentati di una situazione storica, sociale, politica, culturale».

Il critico letterario Cinzia Baldazzi assieme alla poetessa Anna Santoliquido durante la presentazione del suo volume tenutasi a Roma il 6 aprile 2019.
La poetessa di Forenza continua a viaggiare con la sua ispirazione letteraria imparando a illuminare luoghi della sensibilità, dell’anima. Nel brano La sposa agreste, in una raccolta pubblicata a Lubiana nel 2011, dalle parole di una giovane rimasta in patria ad attendere il marito emigrato negli Stati Uniti, apprendiamo:
Credeva che il firmamento si sfogliasse
invece lanciava fiamme
l’anima sull’incudine
i cavalli a briglie sciolte.
Vorrei ora citare lo studioso canadese Northrop Frye nel celebre lavoro Agghiacciante simmetria, dedicato a William Blake. Lo ricorderete, Blake è stato l’illustratore del Paradise Lost di John Milton: lo ricordo perché Una vita in versi contiene opere pittoriche ispirate proprio all’autrice. Dunque, Frye scriveva: “Coloro per i quali soggetto e oggetto, esistenza e percezione, attività e pensiero sono tutte parti di un’antitesi gigantesca, penseranno naturalmente che l’uomo sia diviso tra una volontà egocentrica e una ragione che stabilisce contatti con il non-Io”.
Con Anna Santoliquido, di sicuro noi donne, insieme agli uomini, non lo crediamo e, per dimostrarlo, giriamo il mondo per confrontarci con noi stessi, con gli altri.
Questa poesia è dedicata a Ernest Hemingway:
sono poeta
anche quando la lacrima si cristallizza
la nuvola si rovescia
il pescecane mi azzanna
nel mare dei sogni
gli squali fendono l’onda
il pescatore si accanisce
con le mani sanguinanti
getto l’amo sul foglio
mi acquatto nella barca
respiro a stento
il sangue tinge l’acqua
sono poeta
a Belgrado e a Zagabria
sotto il sole di Puglia
e nel covo dei briganti
un ragazzo vigila il mio sonno
con l’impetuosità dei vent’anni
la condanna del consumismo
e il profumo della pelle
sono poeta
anche quando le alghe mi ammorbano
l’aria è stagnante
e il treno mi sveglia
come Santiago
porto a riva la carcassa
forse pentita
di essermi spinta troppo al largo
la pesca nell’oceano
ha svelato le voragini
acuito la sete
e scolpito la solitudine
Il brano ha per titolo Sono poeta, ed è tratto da una raccolta edita in Serbia nel 2007.
Al pari di molti artisti, anche Anna ha sviluppato un’ipotesi di risposta intorno al significato della vita nostra e degli altri. Emerge in questa poetica – ieri, oggi, chissà nel futuro – uno spiraglio di felicità, frutto del sapere non il perché di tutte le cose, ma il perché di tutte le cose come appaiono. La base di una simile convinzione è, ad esempio, nel Sensismo di leopardiana memoria: le reazioni emotive, con il bagaglio ideale, sono basate – nel soggettivismo lirico – su dati ben definiti, sensoriali, concreti, immediati, matrice di un contesto naturale, personalizzato in parallelo.
È dunque il caso di chiedersi, con Anna, dove – lontano nel mondo – si possa costruire un nostro nido, collocati però in un transfert con figli sempre cresciuti, un tempo trascorso e, dopo aver riposato pochi istanti, con l’eventualità di continuare il cammino, di riprendere il lavoro. Per ognuno: su differenti latitudini, per ogni popolo o civiltà, in qualsiasi religione.
CINZIA BALDAZZI
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